Dietro il grande momento di popolarità dell’Intelligenza Artificiale a livello popolare, si nasconde un’altra attività, altrettanto intensa, probabilmente anche più importante dal punto di vista dell’impatto sulla vita quotidiana nel lungo periodo, ma anche molto più discreta. Riguarda tutte le possibili applicazioni nel mondo aziendale, il cui reale impatto, con relativi investimenti, sono ancora da inquadrare bene. Tra i settori più attenti all’IA, tutto quanto ruota intorno al mondo della Salute, con il chimico farmaceutico in particolare, attivo di recente con un convegno organizzato dalla Chemical Pharmaceutical Associaton
«Abbiamo chiamato IA una tecnologia in realtà capace di agire su velocità, ricerca e trattamento delle informazioni – esordisce Marcello Fumagalli, general manager di CPA -. Per quanto riguarda il chimico farmaceutico, potenzialmente utile anche senza lasciarsi attrarre dal concetto non sempre chiaro di qualcosa di artificioso».
Sintomo di idee ancora da chiarire nel settore, ancora prima di guardare alle applicazioni pratiche. Riconoscere l’esatta gerarchia tra tutti i passaggi, dal Machine Learning al Deep Learning per arrivare alle applicazioni vere e proprie, il percorso non è dei più semplici. «I clienti hanno grandi aspettative, di qualcosa in grado di fare di tutto e da sola – avverte Luigi Roggia, Senior Data Scientist & Digital Innovation Expert di Apply Quantum -. Bisogna chiarire tutti i passaggi, con i relativi tempi e investimenti».
Partner ideale per l’R&D
Una fase di fronte alla quale si registra comunque una buona apertura, confermata da diversi casi concreti. Uno dei terreni più fertili, al momento è la ricerca. «Un’azienda molto attiva nella R&D si trovava a dover gestire ogni giorno migliaia di file non organizzati su hard disk – racconta Ciro Cottini, Digital Data & Modelling Head di Chiesi Farmaceutici –. Documenti da smistare o da consultare singolarmente, spesso dopo averli aperti manualmente».
Pronta la soluzione sviluppata, con un software in grado di automatizzare le operazioni. Capace quindi di leggere i documenti e interpretare le informazioni, anche da scansioni, così da procedere in autonomia e sgravare il personale da una parte di lavoro tanto onerosa quanto poco produttiva.
Una prima fase di analisi per mettere a fuoco concetti e relazioni, ha permesso di individuare i criteri per la classificazione e procedere così all’addestramento dell’algoritmo, per poi concludere con una valutazione condotta su documenti diversi da quelli usate in fase di test.
I primi sei mesi di attività hanno prodotto risultati interessanti, al punto da pensare presto di estenderne l’applicazione fuori dal reparto R&D. Al tempo stesso, inquadrando la necessità di una grande quantità di dati di qualità per l’addestramento e lo sviluppo di regole per collegare le sorgenti non strutturate.
Alla ricerca del principio attivo
Per il settore, è molto interessante anche un’altra applicazione, mirata a individuare le molecole potenzialmente più adatte per essere trasformate in principi attivi e quindi prodotti. Il ruolo dell’IA nel chimico-farmaceutico è supportare la fase di selezione, riducendo i tempi spesso lunghi richiesti da test su elementi promettenti ma che poi si rivelano inadatti. Intervenendo sin dalle prima fasi di selezione, dove di fronte all’impossibilità di sintetizzare ogni molecola in genere si procede per via statistica.
Ancora più diretto all’utente un’ulteriore applicazione collegata alla spirometria. Un esame di per sé non particolarmente complesso, ma soggetto a una certa variabilità legata a gesti errati o colpi di tosse durante la lettura. Le procedure attuali comportano passaggi manuali per verifiche e il responso dello specialista, e possono richiedere diversi giorni. L’intervento dell’IA aiuta a riconoscere prima di tutto fattori esterni, ma soprattutto a indirizzare il responso in modo più oggettivo, senza dipendere necessariamente da una sola figura incaricata.
Lunga vita al farmaco
Dal punto di vista dell’industria però, la fase di sviluppo di un farmaco resta tra le più impegnative. Di conseguenza, anche quella dove un apporto dell’AI può portare benefici importanti. «Un prodotto nasce con la scoperta di una molecola, il relativo brevetto seguito dai test e dall’approvazione – spiega Pierantonio Facco, Professore Associato presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Padova -. Il tutto può richiedere dagli otto ai tredici anni, a fronte di una decina di anni nei quali recuperare i costi».
Inoltre, sul mercato arriva in media una molecola su almeno un migliaio, ragione per la quale non di rado si decide di avviare la produzione prima di ottenere l’approvazione e ottimizzare i tempi, Al rischio però di perdite importanti.
Operazioni attualmente in mano a operatori esperti, ma dove esiste anche una grande quantità di dati. Terreno ideale quindi per un progetto software utile a ridurre scarti ed errori. Una fitta rete di sensori offre le informazioni già in formato digitale e normalizzate, pronte quindi per un algoritmo di IA a supporto delle decisioni, partendo da un’analisi descrittiva, per passare a quella diagnostica, seguita dalla fase predittiva prima di arrivare alla prescrittiva. Uno strumento utile a prevedere in anticipo la qualità del prodotto finale, l’allineamento alle specifiche ed eventualmente intervenire per tempo. Riducendo tempi e soprattutto costi dell’intero processo.
«Dal punto di vista di ottimizzazione dei costi, è interessante anche un progetto realizzato insieme a un importante produttore nel farmaceutico – riprende Facco -. Ogni ingrediente di un medicinale in pillola ha effetto su come si dissolve e viene assorbito. Individuare il dosaggio giusto senza eseguire centinaia di esperimenti, per principi attivi da un milione di euro al chilo, significa risparmi considerevoli. Nel caso specifico, abbiamo ridotto gli esperimenti del 60%».
Solo alcuni degli esempi utili a capire il potenziale dell’IA nel chimico farmaceutico. Capaci di stimolare la fantasia e guardare al futuro con grandi attese. «Ci stiamo chiedendo come sia possibile analizzare cosa avvenga in un paziente nel momento in cui assume un farmaco – conclude Ciro Cottini -. Riuscire a capire dove vada a depositarsi nell’apparato respiratorio, permetterà in futuro di migliorare i modelli utili a definire i dosaggi».