Wasp e Rizzoli, alleanza per la salute

Dalla collaborazione tra Wasp e l'Istituto Ortopedico Rizzoli, sono nati progetti medicali che promettono di cambiare molte regole del gioco.

A cominciare dal pronto soccorso.

Sono infatti pronti i primi tutori per Pronto soccorso ottenuti con la stampa 3D e stanno per essere sperimentati e utilizzati proprio al Rizzoli. Serviranno in caso di contusioni, distorsioni, ma anche fratture. Si tratta di tutori per il polso in PLA, i cui costi si aggirano sui 2 euro, contro i 30 circa di quelli attualmente utilizzati. Sono perforati e traspiranti; consentono l'elettrostimolazione per favorire i processi di guarigione. Dopo il polso si passerà ad altre parti del corpo, a partire dal gomito e dal ginocchio. Secondo Massimo Moretti, fondatore di WASP per stampare tutori su misura bastano 10-20 minuti.

Per arrivare ai tutori si è partiti da un modello studiato dal +Lab del Politecnico di Milano.

La scelta di utilizzare il PLA è dovuta al fatto che è un materiale termoplastico a base di mais che viene estruso dalle stampanti fino a 180 gradi, ma a 60 gradi circa diventa già malleabile e deformabile. Il tutore stampato in piano viene in seguito riscaldato in modo da essere modellato a seconda delle esigenze e infine raffreddato per mantenere la forma richiesta.

Alla progettazione dei tutori ha contribuito il personale del Pronto soccorso del Rizzoli, con suggerimenti. Alcune modifiche sono state apportate in corso d'opera, tra cui l'inserimento di tre linee esterne che si possono tagliare con forbici per poter adeguarsi alla forma del polso. Si trovano nel palmo della mano sotto le dita, attorno alla base del pollice, nel punto di chiusura verso l'avambraccio. La chiusura avviene con delle stringhe auto regolabili.Ma la possibilità di realizzare tutori su misura a breve renderà non più necessarie queste linee di taglio.

Ulteriore evoluzione è la possibilità di utilizzare una stampa in doppio materiale, con un PLA normale e un PLA conduttivo elettricamente. Questo consentirà di collocare elettrodi nella struttura del tutore, in modo da poter effettuare un'elettrostimolazione (tens) o creare campi elettromagnetici che accelerino i processi di guarigione in caso di frattura.

Un altro progetto prevede la possibilità di produrre sostituti di teca cranica direttamente dalla Tac del paziente attraverso la stampa 3D. Si tratterà di tasselli delle stesse dimensioni della parte di teca mancante, ma soprattutto che ne dovranno rispettare fedelmente l'anatomia e la fisiologia.

L'obiettivo è permettere la rigenerazione ossea. Si sta completando la fase di messa a punto e standardizzazione. Entro alcuni mesi si prevede siano disponibili i prototipi e i primi impianti su pazienti sono attesi nel 2016.

I sostituti di teca cranica riproducono la struttura originaria in tre strati: due con caratteristiche di solidità e robustezza, uno interno che favorisce la rigenerazione. La calotta, nel tempo, sarà sostituita dall'osso del paziente in modo spontaneo, fisiologico, attraverso un processo di ossificazione. Sarà, insomma, sempre meno un corpo estraneo.

Per il direttore della Banca delle Cellule e del Tessuto Muscoloscheletrico del Rizzoli, Pier Maria Fornasari «in caso di grave trauma cranico il chirurgo è spesso costretto a rimuovere parte della teca per permettere al cervello di espandere il suo volume. Teca che va riposizionata una volta che il cervello riprende le sue dimensioni normali. Fino a oggi si possono valutare tre opzioni: riutilizzare la teca originaria, che deve però essere ben disinfettata e lavata; utilizzare una teca in idrossiapatite, un materiale molto fragile che costringe poi il paziente ad avere attenzioni particolari nella vita di tutti i giorni; impiantare una teca in plastica, materiale che però non è bio-riassorbibile e colonizzabile. Queste teche, inoltre, hanno il difetto di essere mono-strato, mentre la nostra teca cranica naturale è fatta di osso piatto e quindi è un tri-strato».

Produrre direttamente dalla Tac del paziente con tecnologia di stampa 3D rispetta l'anatomia e la fisiologia della teca, cioè ne riproduce i tre strati: uno esterno rigido di osso corticale; uno intermedio di osso spugnoso; uno interno ancora di osso corticale.

Attualmente si lavora soprattutto per la definizione dei materiali e sulla tecnologia di deposizione. Per quanto riguarda le due parti esterne si punta su materiali robusti, resistenti al carico, ma bio-riassorbibili, come ad esempio il caprolactone. Per la componente interna si pensa alla stessa idrossiapatite. L'obiettivo è far partire da qui i processi di rigenerazione.

L'ossificazione sarà facilitata anche da una perforazione della corticale nella parte superiore, quindi a contatto col cuoio capelluto, per favorire ulteriormente l'inserimento di vasi sanguigni. È già stato preso contatto con alcuni gruppi neurochirurgici per avviare una collaborazione e passare poi a una fase di sperimentazione pre-clinica e clinica.

La teca da impiantare al paziente potrà essere realizzata direttamente in sala operatoria e messa a disposizione del chirurgo.

 

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